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giovedì 30 luglio 2009

L'osservatore Romano su Luca de Mata premiato in Campidoglio

ROMA, 2o. Luca De Mata, direttore dell'agenzia Fides, è il vincitore del 3o° premio giornalistico Fontane di Roma. Il riconoscimento assegnato all'unanimità premia De Mata per «ilforte impegno professionale» e lo «spirito di servizio» nel trattare le «tante problematiche dell'uomo». Il premio è patrocinato dal Pontificio Consiglio della Cultura, dal ministero per i Beni culturali e dal Comune di Roma.
II vero catechista è allora un Altro. E Gesù. E se davvero ci si vuole in-camminare verso orizzonti di speranza
sostiene il presule «non abbiamobisogno d'essere disturbati dall'intromissione di poveri paragrafi, di aridi capitoli, di difficili prontuari, perché partendo non solo dal divino, ma an-che dal quotidiano, possiamo recupera-re i grandi contenuti che ci fanno catechisti alla scuola e alla sequela di Ge-sù». Un itinerario nel quale Abloncli individua tre passaggi: l'educazione, la contemplazione e l'imitazione di Gesù. ((E proprio questo il cammino che vogliamo proporre nel nostro tentativo di catechesi, affidandoci non alla stesura di un libro, ma alla povera semplicità di un "foglio"». Intendendo imitare, in questo, «lo stile di Gesù», che «incontrava gli uomini non in scuole o istituzioni, ma sedendosi su un prato e parlando loro con la semplicità e l'immediatezza dell'incontro personale». Con questo stile e attraverso la pacata riflessione suggerita dall'immagine di alcune parole il filo d'erba, la lampada accesa, la goccia, i gradini, i sentieri i diversi «fogli» prendono in esame alcuni dei temi classici della catechesi: la vocazione, la missione, il mistero della sofferenza e della morte, la vita eterna fino alla sessualità e all'ecumenismo. «E in fondo un foglio di quaderno, quello di cui stiamo parlando spiega Ablondi e che può es-sere trovato negli ambienti ecclesiali di gruppo c cli parrocchia». Uno stirumento semplice, ma impegnativo. Che può essere ritirato gratuitamente, ma che richiede anche tanti «sì». Per leggere il suo messaggio e per rileggerlo con un amico, per indicare un numero di telefono o un'e-mail con cui rag-giungere tanti altri amici. «Sci invitato
anche spiega Ablondi ai suoi lettori a lasciarlo parlare quando lo deponi in un angolo della tua casa, da dove richiamerà l'attenzione con la sua pre-senza discreta, ma visibile. Poi, (presto foglio ti condurrà per sentieri altrui, nei quali lo farai incontrare a chi ti è vicino».
Direttore: Giovanni Maria Vian

giovedì 9 luglio 2009

l'Osservatore Romano parla de "La valigia con lo spago" a seguito della seconda puntata del reportage di "Luca de Mata"

Sbatti l'immigrato sullo schermo, come si faceva con il mostro in prima pagina. Viviseziona la sua angoscia, ascolta il suo dolore, chinati sulle sue ferite mentre lo trovi derelitto lungo la strada che sale verso la tua città, quella del finto benessere, delle vetrine effimere, della moralità compromessa. Con lo spago lui, l'immigrato, chiudeva un secolo fa la sua valigia. Altri tempi, anche se, ammettiamolo, forse anche altra dignità. Oggi, con quello stesso spago, alcuni si cuciono le palpebre, altri la bocca. E si è fortunati se lo spago non s'attorciglia al collo, con altre conseguenze. Dalla parte di chi sta peggio, di chi non è ascoltato, di chi è rifiutato: s'apre uno spiraglio di verità, senza compromessi e senza dolcezze, con il programma scritto e diretto da Luca De Mata assieme a Teresa De Santis, con la collaborazione di Nicola Bux e Massimo Cenci. La prima puntata è stata trasmessa da Rai Uno lo scorso 29 giugno in seconda serata, a scadenza settimanale le altre tre. Strascichi di polemiche: zero. Dibattiti e prese di posizione ufficiali: zero. Questo significa che lo spirito del programma ha colto nel segno e che si teme possa davvero scuotere l'apatia delle coscienze, afflosciate nella quotidiana deriva della distrazione civile e morale. L'impressione è che nei patinati inferni cittadini e nelle anonime campagne dell'entroterra si stia tutti stretti, troppo stretti e con poche regole certe che separino gli sfruttati dagli sfruttatori, gli innocenti dai colpevoli, chi minaccia da chi è minacciato, tutti a bordo di una fragile barca-società che ancora fende le procelle e cerca il porto della civile e sicura convivenza. Un caleidoscopio di volti che hanno immagazzinato storie e rigurgitano ogni tipo di scomoda verità, ci guidano dritti al cuore del fenomeno migratorio mondiale, soprattutto clandestino. Nel programma, immagini non censurate e censurabili e numerose testimonianze straniere - che una recitazione meno enfatica avrebbe recapitato ancor più crude - si affiancano a una vera e propria overdose di cifre che, talvolta, rendono faticosa l'assimilazione di fenomeni tanto sconvolgenti. Un susseguirsi di verità nascoste e semi-atrocità: dal numero dei clandestini nel mondo ai turpi guadagni, veramente da capogiro, legati alla clandestinità, allo sfruttamento, alla prostituzione, al commercio delle persone e degli organi che non è da meno di quello delle droghe; infine, le nuove, bizzarre forme di schiavitù che legano con il peso di catene ricattatorie e di inconfessabili paure. Si scendono i gradini della vita fino agli ultimi, sudici e pericolosi, occupati da africani, orientali di varia etnia, latini di ogni Paese, gente dell'est europeo passato dalla dittatura politica all'illusione e al tracollo sociale del post-comunismo. Le bolge in terra, come se l'inferno dantesco si fosse rovesciato in superficie. La valigia con lo spago, nell'aprire le ferite senza nasconderle e cauterizzarle, non risparmia di interpellare la società, lo spettatore. Potrebbe interrogarsi sui motivi, sui palliativi, sulle risposte urgenti e di alto profilo morale che si attendono, sugli sbagli. "Sarò cattiva - scrive tra le tante una ragazza sul blog apposito creato per commentare il programma televisivo e da seguire con estrema attenzione -, sarò razzista, ma la verità è che non se ne può più, il 95 per cento delle persone che conosco non ne possono più. Non lo direi davvero, se vedessi negli stranieri una qualche forma e volontà concreta di integrarsi con la nostra realtà". Lei non la vede. E in troppi casi è vero. Molti, però, prendono diversa posizione: "Una cosa mi lascia davvero perplessa: la gente pensa che gli stranieri siano tutti criminali". È difficile pensare di poter trovare soluzioni adeguate e giuste per tutti, ma non si può ignorare l'urgenza di cercarle, proporle, sperimentarle. È quello che, in fondo, fanno le tante persone di Chiesa che incontriamo e ascoltiamo nel programma e che sappiamo essere migliaia nel mondo. Dà coraggio la loro presenza silenziosa, infonde speranza il loro anonimato, in perfetto stile evangelico, la loro insostituibile carità. Non sono pochi, precisa De Mata, quelli che si ricordano "come dietro ogni donna, uomo, qualunque sia la sua condizione, c'è una persona. E mai come in questo caso il ragionamento si allarga a un fenomeno planetario che ci sta coinvolgendo tutti e ci sta cambiando tutti. Non possiamo più voltare la testa da un'altra parte". Tra chi la volta, chi è costretto a farlo, chi non lo vuole fare e non lo fa, il programma assume un ritmo sempre più incalzante, talvolta anche frenetico. Veniamo accompagnati tra i rom avversati dalla società, ma loro stessi razzisti nell'ambito delle comunità di appartenenza; camminiamo lungo muri divisori scavalcati ogni giorno da intere popolazioni in fuga o a caccia di futuro; costeggiamo i porti disseminati di panchine che diventano regge per barboni alla deriva, sempre con la bottiglia in mano, fino a quando, per puro divertimento, non li derubano o non gli danno fuoco. Di giorno, campi da coltivare inglobano le vite di nuovi schiavi mentre di notte, lungo strade non più soltanto di periferia, fiumane di ragazze si vendono distrattamente a una fiumana di clienti molto determinati. Tutti partono, arrivano, si spostano, migrano da est a ovest, da sud a nord: il mondo sembra un enorme cantiere nel quale il movimento è continuo, senza sosta. C'è chi lo fa con disperazione, chi con rassegnazione; chi non si aspetta nulla, chi si aspetta tutto. Nessun luogo è oggi illibato, spesso la sicurezza latita, nessun Paese può dirsi immune dal contagio del razzismo, che infetta più della febbre suina, come fanno anche la criminalità, la violenza, lo sfruttamento. E la distrazione, l'ipocrisia. La valigia con lo spago è una voce libera che ha il coraggio di segnalare i fatti, senza proporre i rimedi, perché questo non è compito degli autori televisivi. Lascia così in sospeso le soluzioni e le cure, ma non tralascia di esigere che esse siano, prima di tutto, ispirate al comandamento della carità, al bisogno di certezze, al diritto di convivenza sicura e pacifica per tutti.
Articolo: Luca Pellegrini
Direttore: Giovanni Maria Vian

domenica 28 giugno 2009

L'osservatore Romano alla vigilia della messa in onda de "La valigia con lo spago" programma scritto e diretto da "Luca de Mata"

Storie di immigrazione in seconda serata
Uomini con la valigiaraccontano chi siamo
di Silvia Guidi
Due occhi azzurri spuntano da una manica di maglione riadattata comecappuccio francescano; è fratel Biagio Conte, "il primo esempio dicura omeopatica per gli homeless" come è stato ribattezzatodall'affettuosa ironia dei suoi amici.Perché "Biagio è uno di loro, sa come fare compagnia a chi ha persotutto, anche la voglia di vivere - racconta chi lo conosce bene - sadi cosa ha bisogno chi vive in strada, conosce l'indifferenza ottusadi chi svuota la casa di stracci e rottami inservibili e pensa di averfatto la carità, ma anche l'inerzia e l'abbandono di chi si lasciaandare, le storie di ordinaria violenza tra drop out dove furti epestaggi sono all'ordine del giorno. Per questo riesce dove iprofessionisti della solidarietà falliscono".Sono tanti i protagonisti de La valigia con lo spago, un programma tv- quattro puntate di inchiesta in onda su Rai Uno dal 29 giugno perquattro lunedì consecutivi, eccetto il 6 luglio - che porta in secondaserata un tema scomodo come l'immigrazione senza edulcorare le storieche racconta, senza censurare niente, parlando anche di quando lapaura rende violenti e la miseria non è un motivo per essere più unitima una spinta alla sopravvivenza a ogni costo.Un programma che il passaparola su internet ha già reso famoso "primadella prima": "In tre settimane il blog www.lavaligiaconlospago.tv haregistrato oltre seimila visite" conferma Luca De Mata, direttoredell'Agenzia Fides, che ha curato i testi e la regia con lacollaborazione di Nicola Bux e Massimo Cenci; la colonna sonora èfirmata del giovane musicista Aurelio Canonici.Accanto a Biagio Conte, che a Palermo ogni giorno offre un tetto e unpasto caldo a più di 600 persone, c'è padre Josaphat, missionario trai rom, e ci sono i volontari della Caritas di Cuenca in Spagna, chedevono affrontare un fenomeno inedito per una zona tradizionalmenteconsiderata povera (Cuenca è nel cuore de La Mancha, la terradescritta da Cervantes): l'arrivo di immigrati ancora più poveri.Anche Oxana Alistratova conosce bene il mondo di chi non viaggia inbusiness class, ma con un bagaglio a mano fatto di speranze che spessosvelano la loro natura di illusioni: oggi è presidente della Ong"Interazione" in Transnistria ma la sua attività nasce dalla suastoria personale di vittima della tratta a scopo di prostituzione.L'esodo di migliaia di persone è un evento traumatico anche per iPaesi da cui si parte: la migrazione disgrega il tessuto sociale,spezza i legami tra le generazioni, gli anziani che restano hannopensioni misere, i giovani che partono vivono una libertà immaginariae non ritornano per la vergogna e per la paura, i bambini rischianol'accattonaggio.L'immigrazione è un affare enormemente redditizio per la criminalità:i flussi migratori generano nuove forme di schiavitù. Negli StatiUniti si contano 9 milioni di "uomini ombra" ma poiché è arduo contareciò che non si vede si stima che siano almeno 20 milioni.Davanti a un fenomeno così imponente la filantropia non basta. "Lacomprensione per le persone ai margini della società, ai margini dellaChiesa, per i "falliti" e per i sofferenti (...) è il vero nocciolodella moralità cristiana" scriveva anni fa il cardinale Ratzinger. Un"nocciolo" solido, concreto, fatto di cibo, coperte e vestiti, undentista o un medico quando serve, un letto pulito e una docciacalda a fine giornata.La generosità spontanea prima o poi presenta il conto, o perde loslancio iniziale, la carità no, è un'altra cosa, un altro mondo inquesto mondo. Biagio Conte prova a spiegarlo con un esempio: "Samuelarrivava dall'Eritrea coi barconi dei disperati. Zoppicava per colpadi una malformazione alla gamba destra, più corta dell'altra. Avevabisogno di una scarpa ortopedica, di quelle che non si comprano infarmacia, bisogna prendere le misure e commissionarle a officinespecializzate; un mese di tempo, almeno. Il giorno dopo il suo arrivo,dentro un sacchetto, confuse tra maglioni e coperte c'erano due scarpeortopediche: una donazione come tante altre, ma perfette per Samuel,misura e correzione compresa. Quando mi chiedono cos'è la provvidenzaio racconto questa storia".La carità ha anche un valore conoscitivo: l'essere pellegrino, homoviator, svela la natura profonda della condizione umana, visto chemettersi in viaggio alla ricerca di qualcosa che possa rispondere alladomanda di felicità è tipico dell'essere umano di ogni epoca. Ilmigrante è innanzitutto un uomo, con un nome e una storia, con un"volto" - direbbe Emmanuel Lévinas - e come tale non è riducibile auno schema, non coincide con quello che penso di lui; è un'alteritàche mi interpella, e accettare di non ridurlo alla sua apparenzacambia anche il modo con cui ci si rapporta ai figli, al marito, allamoglie, agli amici.Dare risposte esaurienti a un fenomeno così vasto e variegato sarebbeuna pretesa poco realista; la cosa più importante, sembra suggerire ilprogramma di Luca De Mata, è non archiviare frettolosamente le domandeche solleva. E non censurare la novità continua - fatta di ferite comedi sorprese positive - che genera l'incontro con l'altro. La pensavacosì anche l'autore di Massa e potere, Elias Canetti; a chi, dopo unaconferenza o un convegno, si offriva di chiamargli un taxi rispondevasempre: "No grazie, preferisco l'autobus. Voglio vedere le facce".
Autore articolo: Silvia Guidi
Direttore: Giovanni Maria Vian